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L’impatto del gatto

Il gatto domestico (Felis catus) è stato addomesticato a partire dal gatto selvatico (Felis silvestris) probabilmente circa 1.000 anni fa nell’area della Mezzaluna Fertile. Grazie alla sua adattabilità a condizioni climatiche, di temperatura e di disponibilità di cibo, ha viaggiato con gli esseri umani che ne hanno permesso la diffusione in tutto il mondo.
Ancora oggi questa specie domestica si trova ovunque ci sia l’uomo. Alcuni gatti hanno un proprietario, altri sono randagi ed esistono anche molte colonie completamente indipendenti dall’uomo. Essendo una specie domestica, il gatto non ha un’area geografica di appartenenza e si può affermare che, ovunque si trovi, sia una specie aliena
 

In che modo i gatti danneggiano l’ambiente?

L’impatto del gatto domestico sull’ambiente è stato studiato da diversi ricercatori in tutto il mondo.
I danni provocati all’ambiente dai gatti domestici rientrano in quelli antropogenici (causati dall’uomo), proprio perché questi animali sono stati introdotti in tutto il mondo dall’uomo. Tra le altre conseguenze della presenza dei gatti a cui viene permesso di allontanarsi dalle proprie abitazioni troviamo: l’uccisione o il ferimento di fauna selvatica, con conseguente minaccia a specie a rischio estinzione, la diminuzione della biodiversità locale e l’ibridazione e/o la competizione con altre specie. Le conseguenze delle modifiche che l’uomo apporta agli ecosistemi sono negative anche per noi (qui trovi un articolo in cui ne parliamo).
 
Molti proprietari di questi animali permettono loro di uscire di casa, non conoscendone la potenziale pericolosità per gli altri animali e per l’equilibrio dell’ecosistema in cui si introducono. I dati sembrano indicare però che siano i gatti randagi a causare la maggior parte dei danni ambientali.
 
L’impatto del gatto più diretto sulla fauna selvatica è quello della predazione, in quanto i gatti sono predatori opportunisti che cacciano uccelli, rettili, anfibi, mammiferi, invertebrati.
I tassi di predazione possono dipendere dal luogo, dalla stagione, dalle cure che il proprietario riserva al gatto; con l’età e l’aumento di peso sembra che diminuiscano gli episodi di caccia (il che è facilmente intuibile).
La mortalità degli animali selvatici causata dai gatti potrebbe essere addirittura maggiore di qualsiasi altra causa antropogenica. Nel caso degli uccelli per esempio le morti per collisione con finestre, edifici, torri di comunicazione, veicoli e avvelenamento da pesticidi risultano inferiori a quelle provocate dai gatti. Anche per i piccoli mammiferi la predazione da parte di gatti si stima sia di molto superiore ad altre cause di morte, considerando che per i gatti questi animali sembrano essere preferibili come prede rispetto ad altri gruppi.
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Per quanto riguarda attacchi ad animali selvatici, sembra che i gatti con collare dotato di campanello e a cui non viene permesso uscire di notte portino a casa meno mammiferi come prede (i mammiferi selvatici sono prevalentemente notturni). E’ stato tuttavia riscontrato che i gatti che non escono di notte predano molti più rettili e anfibi rispetto a quelli che possono uscire di casa. E’ possibile che gli animali che vengono fatti uscire la mattina presto dopo aver passato la notte in casa indirizzino il loro “desiderio di caccia” su anfibi e rettili (ancora freddi e inattivi).

Gli animali possono anche venire “solamente” feriti dall’attacco di gatti domestici. Molti di questi giungono in centri di recupero della fauna selvatica in varie parti del mondo. La maggior parte purtroppo non sopravvive alle ferite.

Le conseguenze della presenza di questa specie domestica purtroppo non si limitano solo all’uccisione di qualche esemplare. In diverse isole i gatti domestici hanno portato all’estinzione di specie di mammiferi, uccelli e rettili. A Stephens Island lo scricciolo di Lyall (o di Stephens Island) è stato portato all’estinzione da un solo gatto (di proprietà del guardiano del faro). Lo scricciolo era un passeriforme incapace di volare (e questo lo ha sicuramente esposto alla predazione da parte del gatto); sull’isola non erano presenti predatori ai quali questo uccello avesse bisogno di sfuggire attraverso la capacità di volare. Tra i mammiferi, alcune specie di Capromiidi (roditori endemici dei Caraibi – Geocapromys spp.) sono stati eradicati dai gatti domestici in diverse isole.

Fortunatamente in alcune isole è stato possibile rimuovere le popolazioni di gatti, con grande beneficio per la fauna selvatica locale.

Esistono effetti meno diretti e più difficilmente studiabili. La presenza dei gatti modificherebbe infatti il comportamento di molti animali, per esempio comportamenti di alimentazione, difesa, risposta ad altri predatori, allo stress. I così detti “fear effects“, cioè gli effetti della paura, possono avere un’influenza negativa maggiore della predazione stessa. Una coppia di uccelli per esempio potrebbe sfamare molto meno la sua nidiata ed esporla maggiormente ad altri predatori.

Un’altra conseguenza importante dell’impatto del gatto domestico è rilevabile nella competizione con predatori appartenenti alla fauna selvatica. Le azioni di caccia del gatto domestico su molte specie ne diminuisce enormemente la disponibilità per altri animali, ponendo un’altra grande criticità alla loro sopravvivenza, oltre che a quella delle prede. I predatori sono fondamentali per mantenere l’equilibrio degli ecosistemi (qui parliamo del loro ruolo e di come anche l’uomo ne tragga dei benefici).

I gatti domestici possono trasmettere malattie come la toxoplasmosi, la leucemia felina e la rabbia a specie selvatiche. Non sono solo specie affini a poterne essere colpite (pensiamo alle linci), ma anche gli uccelli per esempio. Inoltre quando le feci dei gatti raggiungono mari ed oceani, possono portare con sé patogeni che rischiano di infettare persino i mammiferi acquatici.
 
Infine, l’ibridazione è un rischio per esempio per il gatto selvatico, così come il cane lo è per il lupo. Il gatto domestico può accoppiarsi con quello selvatico dando vita ad esemplari ibridi, la cui genetica risulta contaminata dal DNA di una specie addomesticata, che ha subito modifiche per circa mille anni per essere adatta e adattarsi a vivere con gli essere umani. Questo pone un enorme rischio per la conservazione del gatto selvatico.
 

Se assumiamo che tutte queste conseguenze possano verificarsi (ed effettivamente è così) contemporaneamente in ecosistemi messi già a dura prova da altre attività umane, ci rendiamo conto dell’enorme impatto che i nostri gatti hanno sull’ambiente.

 
L’abbondanza di questa specie, in particolare in alcune zone del mondo, è causa di preoccupazione tra ricercatori e scienziati per via delle conseguenze che potrebbe subire (e sta già subendo) l’ambiente.
 
In Gran Bretagna il gatto domestico è il carnivoro con la popolazione più abbondante e in continua crescita. Alcune stime parlano della presenza 9 milioni di gatti domestici, 20 volte la popolazione (pre-riproduttiva) di donnole ed ermellini e 38 volte quella di volpi rosse.
 
L’impatto dei gatti selvatici sulla biodiversità non deve tuttavia sminuire le altre attività antropogeniche che provocano l’uccisione di animali selvatici e che mettono a rischio la conservazione della fauna che ricopre un ruolo biologicamente importante per gli ecosistemi.
 

Che cosa può fare un cittadino responsabile?

Alcune precauzioni possono essere prese dai proprietari di questi predatori opportunisti.
 
Esse includono la limitazione delle ore all’aperto, la castrazione, la vaccinazione, l’equipaggiamento con dispositivi anti-predazione (campanello, bandana), aree circoscritte in cui far uscire i gatti, contenimento del numero di animali per ogni proprietario.
Tutte queste soluzioni sono parziali e possono avere comunque conseguenze contrastanti: il campanello potrebbe aumentare i “fear effects”; i giardini delle abitazioni sono sempre più importanti per i piccoli uccelli, pertanto mantenere i gatti all’interno del proprio giardino può creare problemi alle specie selvatiche che li visitano. 
 

Tuttavia prese insieme tali precauzioni (suggerite da varie ricerche) possono aiutare a preservare la biodiversità locale.

Anche in questo caso vale l’approccio One Health: ecosistemi, salute umana ed animale non sono separati.

Come noi esseri umani in questo particolare periodo, anche i gatti è meglio che restino a casa (sempre).

 

Un po’ di numeri…

 
Su scala globale il gatto domestico è la terza specie invasiva in termini di minaccia al più alto numero di vertebrati.
 
La maggior parte dei gatti randagi e dal 50 all’80% di quelli con un proprietario cacciano fauna selvatica.
 
Le stime di alcuni articoli parlano di 1,3-4 miliardi di uccelli e 6,3-22,3 miliardi di mammiferi228-871 milioni di rettili86-320 milioni di anfibi uccisi annualmente solo negli Stati Uniti.
 
I circa 9 milioni di gatti della Gran Bretagna potrebbero aver portato a casa come prede 57 milioni di mammiferi27 milioni di uccelli5 milioni di rettili e anfibi in 5 mesi.
 
In Australia si stima che i gatti uccidano circa 377 milioni di uccelli e 649 milioni di rettili.
 
Secondo la ricerca condotta da Nelson e colleghi nel 2005, i gatti dotati di campanelli porterebbero a casa il 35% in meno di mammiferi e il 41% in meno di uccelli come prede rispetto ad esemplari con collare semplice. Le percentuali salgono rispettivamente a 38 per i mammiferi e 51 per gli uccelli per i gatti dotati di dispositivo sonoro elettronico.
 
Sembra che i gatti potrebbero essere causa del 14% dei ricoveri in centro di riabilitazione della fauna selvatica in Nord America, il 78% di questi non sopravvive. 
 
I gatti sono inoltre la seconda causa identificabile di ferite provocate ad animali selvatici nel Nord America.
 
 
Riferimenti

Loss, S. R., Will, T., & Marra, P. P. (2013). The impact of free-ranging domestic cats on wildlife of the United States. Nature communications4(1), 1-8.

Nelson, S. H., Evans, A. D., & Bradbury, R. B. (2005). The efficacy of collar-mounted devices in reducing the rate of predation of wildlife by domestic cats. Applied Animal Behaviour Science94(3-4), 273-285.

Trouwborst, A., & Somsen, H. (2019). Domestic Cats (Felis catus) and European Nature Conservation Law—Applying the EU Birds and Habitats Directives to a Significant but Neglected Threat to Wildlife. Journal of Environmental Law.

Woods, M., McDonald, R. A., & Harris, S. (2003). Predation of wildlife by domestic cats Felis catus in Great Britain. Mammal review33(2), 174-188.

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